Premetto che non ho alcuna intenzione di affrontare i pregiudizi sulla cucina cinese. Troppa fatica e troppi luoghi comuni. Mi permetto però di consigliare un ristorante che potrebbe contribuire a convertire gli scettici in estimatori di quella che è (tremate, miei nazionalisti gastrici!) la cucina più diffusa del mondo.
Milano, piazzale Loreto. Sopravvivete al gorgo automobilistico e buttatevi in viale Padova: qui, nella via più multiculturale della città, dove convivono (male? bene? Bah) maghrebini, cinesi, ispanici ma si dice anche hobbit e klingon, sorge, timido e discreto, The Corner, unico, al momento, alfiere dello street food di Hong Kong.
Qualcuno degli insopportabili designer che ci vanno per cena potrebbe definirlo “cheap and cozy”, io, pur concordando, la definirei una bettola dagli occhi a mandorla: pareti bianche e nude, portabottiglie costruito con i foratini, un vecchio wok usato come lavandino, cassette di legno per sedersi. Aperto 7 su 7, alle 19.00 è frequentato quasi esclusivamente da cinesi e asiatici vari, mentre dalle 20.30 la clientela si italianizza (ma non è detto che sia per forza un bene).
Preparatevi al fatto che qui le ricette sono realmente cinesi, quindi, grazieaiddio, non troverete il riso “alla cantonese” con piselli e cubetti di prosciutto, ne gli involtini primavera fritti e che il concetto di antipasto, primo etc non viene rispettato: le portate arrivano in ordine sparso ed è sempre conveniente condividerle con i commensali, in modo da assaggiare più piatti e massacrare la tovaglia come vuole la tradizione.
Solitamente io e i miei compari esordiamo con una gragnuola di ravioli grigliati poi si parte all’attacco delle vere specialità del loco: anatra alla pechinese (veramente eccezionale), piedini di maiale dalla cotenna caramellata, wok di verdure piccanti (molto, molto piccanti) con ali di pollo, poi zuppa di zampe di gallina, spaghetti, maiale con cipolle…
Una vera orgia sensoriale. Non lasciatevi ingannare, voi ignavi schizzinosi, da nomi poco attraenti e gettatevi sulle ricette più hard core: i calamari alla griglia ve li potete cucinare a casa, il piedino di maiale caramellato no!
Sarebbe assolutamente presuntuoso lanciarsi in commenti troppo dettagliati sulle pietanze, dal momento che ho ben pochi termini di paragone, ma vi lascio con una preghiera e due informazioni utili.
Conto: non è economico come il classico take away che avete sotto casa, ma non è costoso. Con 25 euro si cena ottimamente e si esce satolli
Vi prego e scongiuro: andateci una volta e poi non tornateci mai più. Quando mi siedo e sono circondato solo da sosia di bruce lee mi sento in vacanza per un’ora. Cento metri dopo c’è Ju Bin, andate lì che vi portano anche le nuvole di drago e ci sono i tavoli con gli acquari.
Forchette? Portatele da casa, se vi servono…
ci son stato, grazie proprio all’autore…ne vale la pena, ma solo se siete all’altezza del posto. Full immersion, non approccio “vado al cinese sotto casa polloallemandorle&tsingtao”.
Provato, fra le altre pietanze, anatra alla pechinese e wok di verdure piccanti (molto, molto piccanti) con ali di pollo.
La chicca: una parte del menù è scritta solo in mandarino. E proprio lì ci si deve buttare!!!!
mettere l’indirizzo esatto no?