Inutile farla lunga. Anche i più reazionari, sciovinisti e conservatori devono cedere alla realtà: i ristoranti etnici fanno parte del panorama gastronomico italiano dell’ultimo ventennio e i cinesi, essendo arrivati per primi, hanno fin da subito conquistato una grossa fetta di mercato, oltre gli immancabili (e talvolta giustificati) pregiudizi riguardanti l’igiene e la provenienza degli ingredienti.
Detto ciò, se non puoi ucciderli fatteli amici. Vi abbiamo parlato di The Corner e del decaduto Ju Bin: oggi ci spostiamo poche decine di metri più in giù, nel cuore di via Paolo Sarpi, la Chinatown italiana, dove tutto si acquista, ad ogni ora, ogni giorno dell’anno.
Al numero 42 troviamo Long Chan, una trattoria ne bella ne brutta: alcuni tavoli fuori, dentro il classico odore di fritto, soia, zenzero e birra. Il menù (spesso come le pagine gialle di Roma da A a L) è diviso in due “piatti cinesi tradizionali” e “cucina cinese italiana”. Così non ci sono dubbi e chiunque è in grado di comprendere che il riso alla cantonese non fa parte della cucina tradizionale cinese, al pari degli involtini primavera e delle nuvole di drago. Se vi piacciono ordinatele pure. Sfogliarlo tutto richiederebbe comunque un pomeriggio, per cui vi consiglio di fare come me e ordinare numeri a caso, per la gioia della piccola cameriera che così si evita finte spiegazioni “come sono le zampe di fenice?” “buone” “ah… perfetto grazie”.
Se siete dei duri potete lanciarvi sulla Zuppa di lingue di anatra, oppure sulle teste di pesce o i piedi di maiale. Io ho preferito lanciarmi su scelte meno hard core e ho ordinato un ottimo manzo ai 5 sapori che altro non è che il classico manzo lesso tagliato sottile e servito con salse: penso sarebbe piaciuto anche a mia nonna, per cui promosso.
Molto buono il maiale con verdure, le polpette fritte di granchio e il granchio con zenzero e cipollotti: in generale ho visto i miei commensali soddisfatti anche perchè da Long Chan non lesinano sulle porzioni e il conto è, se si rimane sul menù cinese, molto basso. Parliamo di 4 euro circa per un piatto, quindi con 20 euro pro capita si organizza un pranzo domenicale di quelli duri. Inoltre permette a ognuno di noi di sfogare per un’ora il proprio desiderio di esotismo e di sentirsi mooolto internazionali, il che è sempre buono per l’autostima.
Posso assolutamente metterlo tra i migliori cinque cinesi di Milano, al pari dei loro vicini, di cui parleremo a breve. Il personale è discretamente cortese, sulla questione della qualità delle materie prime non mi pronuncio, al momento sono ancora qui.
Long Chan
Via Paolo Sarpi, angolo Via Aleardo Aleardi20154 Milano,
Foto: Rosella Verdiglione via web.stagram.com