Ricordate il B52 de “Il dott. Stranamore”? Bene, un’Osteria Romana nel cuore di Brera avrebbe potuto racchiudere potenzialità distruttive analoghe ma molto meno ironiche: il pressapochismo omicida della cucina scannagiappi unito alle pretese formali e alla costosa antipatia meneghina.
Era da un po’ che passando tutti i giorni davanti all’osteria romana Volemose Bene di via della Moscova (di apertura talmente recente che il sito web non è ancora nemmeno on line www.volemosebenemilano.it), notavo che la repulsione si andava lentamente trasformando in curiosa attrazione, specialmente dopo aver sbirciato il menù e sentito barrire grida trasteverine dall’interno. “Perlomeno non sono di Agrate ma veramente romani…” pensai, così una sera che avevo come ospiti ben due amici capitolini decisi, per loro somma gioia, di portarli lì, roba che se mi fanno la stessa cosa e mi portano in un ristorante emiliano a Roma faccio scomparire i loro corpi nel Tevere, ma andiamo avanti.
Gli interni sono piacevolmente e volutamente terribili: un gustoso kitsch che rievoca situazioni rustiche romanesche: damigiane impagliate, fiaschi, sediacce in legno e anche un pergolato in coppi che dalla cucina porta in sala, a mimare una situazione bucolica a due passi dall’Hollywood e dal tamarrume di corso Como.
Molto divertente.
La carta propone i grandi classici (purtroppo spesso divenuti luoghi comuni) della cucina romana:
Carciofi alla giudia (fritti): eccellenti. Anche se ormai fuori stagione (e il gentilissimo titolare non manca di farlo notare) e quindi più piccoli della norma, sono deliziosi: croccanti e leggeri, serviti con patate, sempre fritte, tagliate a sfoglie, inviterebbero a farne strage.
Parmigiana di melanzane: un piatto che adoro ma che mangio quasi esclusivamente a casa, inutile spiegare il perché. La cosa che mi colpisce, positivamente, del piatto ancor prima di assaggiarlo è il non vedere fette di melanzane scomposte e grondati i vari succhi di troppo abbondanti mozzarelle (spesso balorde) e pomodoretti lanciati a caso in un’ordalia del falso salutismo.
Melanzane tagliate a fette sottilissime e pazientemente alternate alla passata di pomodoro, ad abbondante parmigiano, e a qualche fettina di mozzarella e scamorza (quest’ultima per me anche no, ma ci stava): molto bene.
Tonnarelli cacio e pepe: ultimo baluardo, tra i primi piatti, dell’orgoglio romano. Matriciana e carbonara da anni sono state imbustate, ibernate e ti guardano tristi dalle vetrine dell’ipercoop. Le linguine Alfredo e le sue variazioni indecorose lasciamole oltreoceano dov’erano fuggite. Rimane il cacio&pepe (si vabbeh, pure la gricia, ma ne parliamo un’altra volta): tonnarelli, pepe e pecorino. Il segreto (ma dai!?): le tempistiche.
Qui da Volemosebene erano molto buoni, ma, purtroppo, si erano leggermente asciugati. E’ un piatto delicatissimo, in cui l’amido dell’acqua di cottura si mescola al pecorino creando un’alchimia fragilissima e fugace: comprendo quindi che si possa aver perso quell’attimo di troppo nel servirli e si sia persa un po’ di quella cremosità che li rende unici. Torneremo e riproveremo.
Abbacchio al forno con patate: tenero, abbondante, gustoso. Inutile dilungarsi. Da provare.
Cantina ben fornita, vi sono rappresentati i maggiori successi italiani e non solo.
Prezzi: 30\35 euro per uscire satolli e di buon umore sono un prezzo più che giusto.
Via della Moscova 25, Milano
338.4713178 – 3477373777 – 0236559618
Chiuso alla domenica